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lunedì 5 giugno 2006

Scrivo una lettera perché.



Non domandarti cosa vuol dire questa immagine, perché non ha nessun senso proprio direi.

Qua inizia il post:

Finalmente la scuola stava finendo. Non era mai stato così freddo a giugno, a memoria credo sia la prima volta che si rivela una fine di primavera così fredda, ma forse dopo ci lamenteremo per il calore che la terra dovrà sopportare durante i mesi estivi. Sono in treno, come sempre dirai tu, come mi tocca direi io. Si torna a casa, dopo questo viaggio che sembra lungo, ma che a lungo andare ti logora anche il tempo e dopo un battere delle ciglia, l’arrivo del controllore e poi sono nuovamente a casa. Lo sai bene, perché ti ho detto questa cosa 100 volte, la gioia che ho di scendere dal treno e rimanere imbambolato per qualche minuto sul piazzale di S.Lucia, respirando quello passa, ma riguardano l’acqua che scorre, i vaporetti che attraccano al pontile, i cento piccioni che tubano e i turisti che si spingono tra di loro per farsi spazio. Questo viaggio però lo dedico a te, perché tu, dal giorno che ti ho conosciuto sei la persona più importante dei miei ultimi istanti di vita. Vorrei portarti di sera verso la punta della dogana a guardare le luci dei lampioni che di sera si rispecchiano nel canale della Giudecca, fare quei nostri inutili discorsi che ci piacciono tanto, che agli altri sembrano parole senza senso, ma che a noi appaiono tesori da conservare a denti stretti, prima che qualsiasi tipo di evento possa, senza dirci nulla, strapparceli a denti stretti senza dire una parola. Sogno l’estate che non vuole arrivare per portarti a mangiare al “Pescatore” che fa quel piatto di spaghetti alle vongole che come sai bene mi piace tanto. Da Punta Sabbioni torniamo poi a Venezia, camminando noi due solitari per le calli deserte ai più alle due di notte.
Vorrei che per magia tu mi guardassi negli occhi e vedessi tutti i posti nei quali sono stato, dove vorrei portarti, per riviverli assieme a te, come se fosse stata la prima volta, come se fossimo due giovani un po’ ingenui con lo zaino in spalla che partono per una meta che un po’ fa quasi paura, un po’ ci affascina e ogni giorno ci fa crescere a livelli esponenziali il nostro amore.
Tutto è così bello, ma poi quel giorno che non vorresti mai sentire arriva, crea un buco nero nella tua vita, spazza via tutto quell’amore che tanto ci eravamo sforzati a costruire e in pochi lunghi attimi viene neutralizzato. Tutto ciò per colpa di tante cose non fatte, non dette e la paura di pensarle forse poi ci ha portato ad agire remando in direzione contraria.
Sono nuovamente solo, il treno per Bologna è in ritardo, se fumassi probabilmente mi farei l’ultima cicca prima di sedermi sull’interregionale, che dopo circa due ore mi riporterà a casa, io che vado e che vengo, un po’ come l’amore di Fabrizio De’ André.

4 commenti:

Matteo ha detto...

A volte ci si ferma a pensare a quello che eravamo o a quello che vorremmo essere. I ricordi però sono sempre belli da tenere.

;)

Anonimo ha detto...

Come sempre la tua dolce malinconia riesce a smuovere in me sensazioni lontane ed oramai coperte dalla polvere del tempo, quelle strade che spesso ho percorso con una persona speciale avevano perso il significato che tu di colpo hai saputo far rivivere, odio ed ammirazione per questo post.....

Anonimo ha detto...

non lasciare cose non dette,
dinne una in più
creep

Jacko83 ha detto...

mah forse pensiamo troppo..
Tia: odi et amo. Rivivi e muori.
Creep: a te dovrei dire tante di quelle cose..