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mercoledì 25 ottobre 2006

musei..

questo il testo, in italiano per ora, che ho scritto da mandare al museo che mi ha mandato l'invito. ( vedi il post di qualche giorno fa )
Che ne pensate? puo' andare?


Se dovessi dare una definizione di quello che voglio comunicare attraverso le mie fotografie dovrei costruire davvero un discorso complesso. Molti sono ritratti di persone comuni, che stanno vivendo un momento della loro vita, senza che noi possiamo immaginare cosa stia passando attraverso ai loro pensieri.
Sono tutte persone comuni, mediamente giovani. Cerco di cogliere la loro espressione, che poi è quello che riesce a comunicarci il loro stato d’animo.
Io voglio comunicare sguardi, pensieri ed emozioni che devono necessariamente traspirare dalla foto all’osservatore, solo in questo modo sento che il mio lavoro ha compiuto un percorso.
Prendiamo vari importanti fotografi, da Thomas Ruff a Diane Arbus che fotografava volti particolarmente forti nel Bronx. Il mio lavoro ovviamente non è assolutamente paragonabile a loro, ma mi permetto di fare questo raffronto per dire che io voglio rappresentare il normale, il quotidiano, un po’ in contrasto con la tipologia di foto di Diane Arbus, ma questo perché secondo me la normalità ora è diventata un oggetto da ricercare, mentre prima era lo scandalo di quello che la società aveva emarginato il vero punto di vista che avrebbe portato alla ribalta la fotografa.
La ricerca generazionale parte anche da tutto ciò che ci circonda, da quelle espressioni statiche e in movimento.
C’è chi fuma, chi telefona, chi legge e chi pensa. Poi c’è ancora chi chiede l’elemosina.
Ci sono appunto scontri generazionali, dove le possibilità rispetto ad una volta sono aumentate a dismisura, per me già solo i viaggi che oramai sono diventati accessibili ad una parte della popolazione maggiore sono simbolo di libertà culturale.
Che differenze ci possono essere nel ritrarre un ragazzo o una ragazza? È una domanda alla quale ho impiegato tantissimo tempo a rispondere, ma credo che di differenze ce ne siano ben poche.
Oramai i soggetti secondo me vanno divisi non tanto per il genere, ma bensì all’interno del contesto sociale nel quale operiamo. Posso notare che i ragazzi hanno una cura maggiore rispetto ad una volta, il livello di immagine che noi portiamo all’esterno e quindi anche un po’ come siamo, perché attraverso il modo di comportarsi ma anche con l’abbigliamento noi diamo una identità differente.
Spesso un ragazzo è più difficile da fotografare, basti solo pensare al livello di cura e perfezione che hanno raggiunto, cosa che le ragazze sono abiutate fin da piccole ad avere una cura maggiore, poi la vanità e il piacere di apparire e di mandare attraverso il proprio modo di essere un messaggio all’esterno che il fotografo deve essere bravo a catturare, quello che poi scolpisce nell’immaginario della gente l’idea di base di quello che potremmo essere, o forse di quello che vogliamo apparire.
Infatti con la fotografia è facile fare dei giochi di sostituzioni, come spesso veniva fatto con l’identità sessuale, basti pensare a due celebri foto di Marcel Duchamp o come un autoritratto di Andy Wahrol. In quel periodo storico, in particolare per Duchamp, l’innovazione legata all’idea di poter in qualche modo utilizzare un mezzo che ti presenta una realtà come la fotografia possa invece farci notare realtà costruite per ingannarci o semplicemente per farci riflettere un po’ con quei meccanismi che fanno in modo di rendere credibili la foto, perché tutto ciò che viene fotografato è vero.
Nella mia ricerca fotografica cerco anche di analizzare i volti senza costruzioni, ma far vedere a colui che osserva una realtà semplice, come può essere quella di un volto di un ragazzo appena ventenne, oppure quella di chi telefona o che svolge azioni di disarmante quotidianità.
Oppure con altri scatti voglio fare una semplice critica alla riproducibilità dell’immagine che noi diamo, scelgo un autoritratto perché deve dare un chiaro segnale di contrarietà a tutto ciò che si può riprodurre in scala, l’essere umano è perfetto in quanto unico, nel momento in cui troveremo un modo per rompere questi meccanismi sarà la fine di un’era.
Non c’è trucco quindi per me, è forse più difficile dare un’immagine di se non costruita al giorno d’oggi, dove tutto è un bel quadro da esporre in riviste di moda, che ci mostrano un mondo migliore, anche se poi questo mondo diventa fintamente la proiezione di quello che dovrebbe essere e non è.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma direi proprio di si!

caino ha detto...

L'altra mattina mi sono ritrovato l'obiettivo di uno sconosciuto puntato in faccia, per ben tre/quattro tentativi. Presumo facesse ciò che fai tu, foto a sconosciuti. Non è divertente sa, tanto per dire...

Anonimo ha detto...

Perfetto, direi!

Jacko83 ha detto...

caro caino, posso capire il tuo disagio.
Io cerco di non farmi vedere per questo anche, uno scatto per ogni persona, c'è solo una opportunità secondo me.
Non vuole essere divertente infatti, vuole essere solo una forma espressiva.

-leti- ha detto...

è carino si, però dovresti farci una 'revisione generale' :D.. ci sono parti che non si capiscono troppo, o discorsi troppo lunghi, ti conviene fare più punti che cercare di legare più frasi. comunque carino, e complimenti per il lavoro offerto :D
hola

Anonimo ha detto...
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