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lunedì 12 gennaio 2009

Gaza.


Mia madre era in cucina, stava preparando il pranzo.
Da camera mia potevi sentire l'odore del minestrone che si stava disperdendo per tutta casa, verdure varie, tutto sommato poteva anche piacere, anche se mangiavo più che altro per darle soddisfazione. Mio fratello amava la cucina di mamma, mi diceva sempre che era la migliore, che non dovevo mai lamentarmi di quello che mi arrivava a tavola sul piatto. Stavo ancora studiando su quelle maledette pagine di algebra, non avevo ancora risolto un bel nulla e i giorni si stavano rubando la mia pazienza per quel problema di matematica. Non mi era rimasto molto da pensare, se ti distraevi e provavi a guardare fuori dalla finestra, era finita. Vedevi solo quello che era rimasto del terrazzino dell'edificio di fronte, pieno di buchi, sembrava una groviera, quel formaggio italiano del quale ho solo sentito parlare, oppure era svizzero, non lo so. La televisione oggi non funziona, mamma ha spento la tv quando ha visto che sul canale abituale al posto che i programmi palestinesi c'era un messaggio israeliano. Mio fratello invece la tv non la può più guardare, mentre tornava a casa è rimasto colpito da una serie di bombe lanciate dagli aereoplani, ha perso la vista e anche un braccio. Quando sono andato in ospedale a vedere cosa era successo, il suo volto non era più riconoscibile, ho dovuto prendere un catino d'acqua e alcuni stracci, per lavare via il sangue oramai incrostato sul suo viso. Mentre mamma mi chiama per andare a tavola, si sentono dei rumori in strada, tutti urlano, da fuori si vede il fumo del caseggiato a fianco. "Ci è andata bene oggi vero, hanno colpito solo la casa qua a fianco, dai vieni a tavola, lavati le mani che poi si fredda", disse mamma con la voce di una che non sa più cosa chiedere alla vita.

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