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domenica 13 dicembre 2009

L'ARTICOLO CHE AVREI VOLUTO SCRIVERE.


Il tribunale di Copenhagen non lontano dalla stazione centrale della città ieri era blindato. Polizia ovunque impediva di avvicinarsi se non con le dovute ragioni. La causa contro Tommaso Cacciari non è ancora iniziata e bisogna aspettare fuori, in una stanza di color giallo crema con una panchina e nulla più: molto triste. Quando finalmente viene dato l’ok per attendere alla causa, la stanza del tribunale è piena, anche perché oltre a Cacciari, ci sono altri stranieri che aspettano di essere giudicati per reati che vanno dalla resistenza a pubblico ufficiale a organizzazione di atti per causare disordine pubblico. Nella sala ci sono quattro quadri, abbastanza brutti che ritraggono degli uccelli che volano, quasi a sottolineare la libertà, che può essere negata o meno dalla decisione del giudice. L’avvocato d’accusa, una donna molto giovane, elenca la fedina penale di Tommaso, già noto in Italia per le sue azioni di contestazione e gli imputa il fatto di essere un organizzatore e non un semplice manifestante. Il commissario dell’ambasciata, che ha preso in carico il caso, traduce agli amici di Tommaso presenti in sala le varie fasi del dibattimento, fino a quando l’avvocato della difesa ha esposto, secondo la sua opinione, l’irrazionalità dell’arresto e della mancanza di prove. Il giudice, una donna bionda, alla fine emette la sentenza, “Non colpevole”. Gli amici di Tommaso esultano, mentre Rocco Cacciari, il fratello più piccolo tira un sospiro di sollievo: in aula infatti non faceva altro che battere nervosamente i piedi sul pavimento, quasi avesse paura che la richiesta dell’accusa, di detenzione per quattro settimane, venisse accolta. Tutti escono dall’aula di tribunale, partono le telefonate in Italia per rassicurare i compagni di proteste che è andato tutto bene. “Sono 24 ore che non mangio, sono molto stanco”, esordisce Tommaso Cacciari appena rilasciato, mentre viene abbracciato dagli amici che finalmente, un giorno di detenzione riescono a rivederlo. “Sono stati veramente assurdi, mi hanno accusato di essere un organizzatore dei disordini, solo perché stavo facendo delle telefonate, ci stavamo allontanando dalla manifestazione, perché era un film già visto, non siamo venuti qua per fare disordine e non siamo contro la conferenza, anzi, vogliamo portare il problema Venezia all’ordine del giorno, come ha fatto Swarzenegher parlando della California”. La detenzione è stata dura, prima nelle “gabbie” posizionate fuori città nei centri di detenzione temporanea, poi in commissariato dentro una cella che come racconta Tommaso, “Era piena di polvere, c’era una sola coperta e metteva alquanto ansia, ma ora è tutto finito per fortuna”. Recuperano le biciclette, e con pedalate veloci vanno a mangiare, per poi partecipare al corteo, dove assieme agli altri 100 mila presenti hanno protestato per le non scelte dei governi inerenti al clima.

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